La lotta alle discriminazioni non può prescindere da un contesto culturale favorevole alla tutela e al rispetto delle pari opportunità. Con quest’ultima espressione si richiama il principio costituzionale, secondo il quale la partecipazione economica, politica e sociale di un qualsiasi individuo non deve essere condizionata da ragioni connesse al genere, alla religione, alla razza, all’origine etnica, alla disabilità, all’età, all’orientamento sessuale e a convinzioni personali.
La discriminazione consiste in un trattamento non paritario attuato nei confronti di un individuo o di un gruppo di individui in virtù della loro appartenenza ad una particolare categoria .
A livello internazionale un fondamentale riferimento in materia di discriminazione è la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, (D.U.D.U.1948) redatta dalle Nazioni Unite e firmata a Parigi il 10 dicembre 1948, in cui si sanciva che il rispetto nei confronti di ogni individuo è indipendente dalla sua appartenenza ad una particolare religione, etnia, sesso, lingua.
La differenza sessuale (maschio/femmina) rimane, pur tuttavia, il discrimine fondamentale su cui si articolano via via tutte le altre forme discriminatorie di derivazione secondaria, pertanto già dal 1979 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato la Convenzione per l'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne CEDAW – (letteralmente Convention on the Elimination of all forms of Discrimination Against Women)
Questa è da più parti considerata il più importante strumento internazionale giuridicamente vincolante in materia di diritti delle donne. Essa definisce "discriminazione contro le donne": "ogni distinzione, esclusione o limitazione basata sul sesso, che abbia l’effetto o lo scopo di compromettere o annullare il riconoscimento, il godimento o l'esercizio da parte delle donne, indipendentemente dal loro stato matrimoniale e in condizioni di uguaglianza fra uomini e donne, dei diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale, culturale, civile, o in qualsiasi altro campo".
Anche l'Unione Europea proibisce le discriminazioni basate su religione o convinzioni personali, handicap, età o orientamento sessuale e a tal proposito ha redatto la Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea in cui si afferma il divieto di qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l'origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l'età o l’orientamento sessuale.
Occorre precisare che, con l’espressione “contrasto alle discriminazioni” s'intende fare riferimento a quel fenomeno per il quale la persona umana è discriminata in quanto appartenente ad una o a più delle suddette categorie (in quest’ultimo caso ci si trova di fronte al fenomeno delle discriminazioni multiple).
In relazione a tale argomentazione assume particolare rilevanza la “Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica”, nota come Convenzione di Istanbul di recente ratificata e che attualmente è legge anche in Italia. Essa rappresenta il primo strumento internazionale che fornisce un quadro giuridico unitario e globale per proteggere la donna da ogni forma di violenza, infatti impegna tutte le parti firmatarie della convenzione stessa a fornire assistenza legale gratuita.
In particolare, l'obiettivo della normativa è quello di contrastare il fenomeno della violenza sulle donne, prevenirla, proteggere le vittime e perseguire gli aggressori. La convenzione mira anche ad eliminare le discriminazioni fra donne e uomini proclamando l’uguaglianza dei sessi, ma soprattutto riconosce che la violenza sulle donne costituisce una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione.
E sempre in tale ottica l’Italia con decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215 di recepimento della direttiva comunitaria n. 2000/43 CE, ha istituito l’UNAR nell’ambito del Dipartimento per le Pari Opportunità della presidenza del Consiglio dei Ministri con il compito di rimuovere gli ostacoli per il raggiungimento di una effettiva parità di trattamento e di vigilare sulle forme di contrasto alle discriminazioni messe in atto da soggetti pubblici e privati nei confronti delle persone appartenenti a razze o etnie diverse da quelle imperanti e dal 2012 dette competenze sono state estese anche alle tematiche relative all’identità di genere e all’orientamento sessuale.
Altri riferimenti normativi
Normativa comunitaria
• Trattato di Amsterdam (1997), art. 2, 3, 13, 118, 119, 136, 137, 141 e 251;
• Trattato di Maastricht (1993), art. 119;
• Raccomandazione CM/REC (2010)5 del Comitato dei Ministri agli Stati membri sulle misure volte a combattere la discriminazione fondata sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere adottata il 31 marzo 2010;
Normativa nazionale
Costituzione della Repubblica Italiana
• Principi Fondamentali, artt. 2 - 3;
• Parte Prima, artt. 37, - 51 (come modificato dalla legge costituzionale n. 1 del 30 maggio 2003);
• Parte Seconda, art. 117 (come modificato dalla legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001);
Normativa in materia di pari opportunità
D.lgs. 11 aprile 2006, n. 198 - "Codice delle pari opportunità tra uomo e donna"
Libro I - Disposizioni per la promozione delle pari opportunità tra uomo e donna
Libro II - Pari opportunità tra uomo e donna nei rapporti etico-sociali
Libro III - Pari opportunità tra uomo e donna nei rapporti economici
Libro IV - Pari opportunità tra uomo e donna nei rapporti civili e politici
Istituzioni e organismi di parità
- Direttiva P.C.M. 27 marzo 1997, "Azioni volte a promuovere l'attribuzione di poteri e responsabilità alle donne, a riconoscere e garantire libertà di scelte e qualità sociale a donne e uomini"
(c.d. "Direttiva Prodi-Finocchiaro");
- D.P.R. 20 gennaio 2009, n. 8, Regolamento recante modifiche e integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 115, concernente il riordino della Commissione per le pari opportunità tra uomo e donna;
- D.P.R. 14 maggio 2007, n. 115, Regolamento per il riordino della Commissione per le pari opportunità tra uomo e donna, a norma dell'articolo 29 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248